d.ssa Stefania SINIGAGLIA

d.ssa Stefania SINIGAGLIA
d.ssa Stefania SINIGAGLIA Presidente dell'AICCeF

ANNO 2010 NUMERO 4

LETTERA DEL PRESIDENTE
di Rita Roberto

Care Colleghe e cari Colleghi,
apro questa lettera con un pensiero speciale per Maria Della Martina, nostra socia e consigliera, prematuramente scomparsa . A lei, che è stata una collega preziosa e competente, e alla sua famiglia va il nostro affetto più sincero e la nostra vicinanza. Nelle pagine che seguono troverete, nelle parole di Raffaello Rossi, un suo delicato ritratto.
In questi ultimi mesi molte sono le novità che hanno interessato l’Associazione ed eccomi a darvi una carrellata degli avvenimenti più importanti . La prima è che il 26 giugno il Ministero della Giustizia, ha trasmesso al Consiglio Nazionale Economia e Lavoro CNEL, gli atti relativi alla domanda di annotazione dell’AICCeF, richiedendo il prescritto parere sulla conformità dei requisiti richiesti dalla legge. Con questo passaggio abbiamo fatto un altro passo avanti nella procedura di riconoscimento della nostra Associazione come organismo rappresentativo a livello nazionale della professione di Consulente Familiare.
Questo ci incoraggia a proseguire la strada intrapresa e quindi chiedo a Voi tutti di mettere in pratica tutte le “buone prassi” professionali che vi abbiamo indicato attraverso il Regolamento e il Codice deontologico. In particolare: il contratto di consulenza familiare, il consenso informato e i crediti formativi per certificare la formazione permanente.
Queste linee guida sono per noi salvaguardia e tutela della professione e rappresentano anche salvaguardia e tutela dei diritti degli utenti.
Comprendo che, specialmente il contratto di consulenza e il consenso informato, comportano un lavoro aggiuntivo e per alcuni possono apparire un intralcio all’accoglienza in consulenza, ma sono sicura che la ”resilienza” di cui siete capaci vi farà trovare un modo consono per sottoporli all’utente. In quest’epoca di grande confusione sulle figure professionali è importante definire diritti e doveri e tracciare confini chiari tra i vari ambiti professionali nel rispetto reciproco.
Non è superfluo ricordare che l’Aiccef è un’Associazione di professionisti ben formati (a prescindere se svolgono la professione per volontariato o a pagamento), che dal 1977 si sono costituiti in un Associazione “super partes” sia rispetto alle Scuole di formazione in consulenza familiare, sia rispetto ai Consultori privati UCIPEM e CFC, dove operano molti dei nostri Soci.
L’Aiccef tutela i Soci professionisti e la Professione ovunque venga esercitata e per questo motivo invita i propri iscritti ad attenersi allo Statuto, al Regolamento e al Codice deontologico non accettando condizioni lavorative che mettano a rischio la propria autonomia di scelta dei contenuti e dei metodi della propria attività, nonché la propria dignità professionale.
Come Soci siamo tenuti (art. 15 del codice deontologico) a segnalare comportamenti non conformi alla nostra deontologia professionale e iniziative che possono tendere a screditare la Professione e l’Associazione, da qualsiasi parte provengano.
Come secondo punto importante vi informo che, sempre nell’ottica della tutela della professione, la Presidenza e il Consiglio Direttivo si stanno interrogando e documentando sullo scenario relativo all’accreditamento dei Consultori privati da parte delle Regioni e cosa questo comporterà per i Consulenti Familiari in Italia.
Per capire un po’ la storia mi sono andata a rileggere la documentazione dell’Associazione degli anni settanta e ho scoperto che già nel 1979, a ridosso della legge 405 sui consultori, Giovanna Batholini scriveva (Notiziario Aiccef n 3 del 1979 pagg. 3 e 4):
“… qualche considerazione sulle prospettive di lavoro e di sopravvivenza dei consultori privati, di qualsiasi etichetta muniti. Secondo noi, l’operatività privata ha davanti tre possibilità e la scelta fra esse determinerà l’impostazione futura dei consultori. E’ importante però che verso una scelta si vada.
1) una prima possibilità è costituita dalla volontà di diventare consultorio pubblico, cioè riconosciuto e finanziato (non semplicemente autorizzato) dalle Regioni. Ma in questo caso bisogna avere il coraggio di assumere la visuale e l’impegno sociale dell’ente pubblico, uscendo dalla visione privatistica, cambiando in parte lo scopo per il quale si lavora. Questo costituirebbe un grande arricchimento, ma costerebbe molta fatica nella preparazione degli operatori privati, così come attualmente sono.
2) Una seconda possibilità è costituita dalla scelta di restare nella propria visuale privatistica, ma in questo caso sarà bene uno stretto contatto con il consultorio pubblico per dividersi le aree di bisogni: al pubblico tutta la richiesta socio-sanitaria, al privato tutta la richiesta psicologica, educativa ecc…Tuttavia, questa seconda prospettiva è determinata dall’evoluzione che il consultorio pubblico avrà e precisamente: - o il consultorio pubblico approfondisce il settore socio-sanitario e del lavoro sul territorio, accettando di collaborare con il consultorio privato e mandando ad esso i casi che rispondono alla normale tipologia che fino ad oggi il privato ha affrontato. In questo caso, la divisione dei compiti porta ad una chiarificazione dei ruoli, ad una collaborazione, ad un rafforzamento dell’immagine anche del consultorio privato e può preludere ad una autorizzazione regionale, anche se non proprio ad un riconoscimento;
- oppure il consultorio pubblico si evolve, prepara i suoi operatori per affrontare anche la tipologia dei casi che fina od oggi erano del privato. In questo caso, assisteremo alla lenta morte del consultorio privato.
3) la terza possibilità, che può sembrare assurda o prematura,e che sarebbe invece quanto mai “diplomatico prendere fin da oggi in considerazione, è che il consultorio privato esca immediatamente dalla competizione con il pubblico; usi perfino l’accorgimento di non chiamarsi più “consultorio”, ma scelga un altro termine per definirsi; diventi un centro a pagamento,(*) con operatori “superprofessionisti” della consulenza, e si presenti alla popolazione come una sede di terapia, con area d’intervento bel delimitata e subito (prima che sia delimitata dal pubblico). Questo non autorizza a dimenticare il sociale, ma esso è da tener presente solo come collaborazione eventuale con enti e anche con consultori pubblici. Naturalmente questa scelta obbliga alla rinuncia ad autorizzazioni o riconoscimenti regionali e obbliga a diventare un centro di alta professionalità.”
(*) sottolineatura autentica.

Come vedete le parole di Giovanna sono profetiche poiché ci troviamo adesso proprio nella condizione da lei tracciata al secondo punto, lettera b): i consultori pubblici non riescono a soddisfare la richiesta dell’utenza, le Regioni quindi stanno legiferando per accreditare i consultori privati.
Questo comporta due possibili scenari:
a) la Regione accredita la struttura privata secondo specifiche caratteristiche organizzative e logistiche, dettandone le linee guida, ma rispettando metodologia, filosofia e figure professionali previste nel’equipe del consultorio privato (tra cui i consulenti familiari che fin dalla nascita dei consultori privati nel 1948, ne sono figura principe. Soluzione che auspichiamo e che consentirebbe ai consultori di non snaturarsi e permetterebbe alla figura professionale del consulente familiare, così come definita dall’Aiccef, di operare ancora al suo interno e di svolgere la sua importante funzione.
b) la Regione accredita la struttura, in base alle proprie linee guida, ma pretendendo un adeguamento dell’organizzazione, che non rispetta la metodologia e la filosofia dei Consultori privati, sostituendo le attuali figure professionali, tra cui il Consulente familiare, con altre figure che non avrebbero la nostra medesima formazione.
Da questa ipotesi nascerebbe anche il rischio che la Regione, riconosciuta la rilevanza storica e l’esperienza preziosa e qualificata del lavoro dei consulenti familiari in Italia, chieda ai Consulenti familiari, dei Consultori privati, di cedere la propria formazione ed il proprio ruolo a vantaggio di altre figure professionali.
La Presidenza e il Consiglio Direttivo stanno seguendo con moltissima attenzione gli eventi, controllando regione per regione cosa si muove rispetto a quest’argomento. Sarà nostra cura tutelare la professione a 360°, in stretta collaborazione con le Scuole di formazione, chiedendo una rispettosa sinergia a tutti gli Enti e le Associazioni dove la figura del Consulente Familiare opera fattivamente. L’obiettivo comune è trovare strategie per ottenere la salvaguardia dei diritti e della storia che lega, dall’origine, i consultori privati e pubblici alla figura professionale del consulente familiare.
Nella prossima giornata di studio del 24 ottobre a Roma, proprio dedicata alla resilienza della nostra professione, potremo approfondire l’argomento con l’aiuto dei relatori, prendendo in esame la terza possibilità indicata dalla Bartholini o altre strade che la nostra creatività ci suggerirà.
Vi aspettiamo numerosi!
Un cordiale saluto
Rita Roberto

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